Mese: Marzo 2021

La vacanza in villa di pregio piace soprattutto ai lombardi

Il comparto delle vacanze di lusso nel 2020 ha reagito meglio alle difficoltà del mercato rispetto alla totalità del settore turistico, con un del -25% rispetto al generale -68,6%. Nell’anno della pandemia a optare maggiormente per questa soluzione sono stati i lombardi. Circa il 45% di coloro che hanno scelto l’affitto breve di una villa o di un casale di pregio per le vacanze proviene infatti dalla Lombardia, per un totale di 510 prenotazioni. A scattare la fotografia di questo trend è Emma Villas, società attiva nel settore del vacation rental, che ha fornito i dati del proprio osservatorio attraverso un campione rappresentativo di 30.000 ospiti all’anno e 430 immobili gestiti in esclusiva.

Le destinazioni più gettonate? Toscana, Umbria, Marche, Emilia Romagna

“Se nel 2019 gli italiani a scegliere questo tipo di vacanze rappresentavano solo poco più del 13% del totale, nel 2020 circa il 54% delle prenotazioni sono state confermate da italiani – spiega Giammarco Bisogno, presidente e ceo di Emma Villas -. A fare da traino nella passata stagione sono state la Toscana, in cui nel campione osservato sono state 1.600 le settimane prenotate, l’Umbria, con oltre 500 settimane, le Marche e l’Emilia Romagna con circa 200 settimane”.

L’Osservatorio di Emma Villas evidenzia anche come i lombardi che hanno deciso di affidare la propria villa per l’affitto breve sono circa il 5% del totale, con più del 76% che risiede a Milano.

Nel 2020 oltre 2.200 prenotazioni per oltre 3.200 settimane prenotate

Tra i lombardi che concedono in affitto i loro immobili circa il 43% ha un immobile in Toscana, il 19% in Lombardia, il 14% in Liguria, il 10% in Sardegna e il resto nelle Marche, in Umbria e in Piemonte. Nel 2020, nonostante la crisi, Emma Villas ha registrato oltre 2.200 prenotazioni in ville, appartamenti di pregio e casali con piscina privata, per un totale di oltre 3.200 settimane prenotate in 14 regioni italiane. La formula prevede una gestione in esclusiva delle ville di pregio, riporta Askanews. garantendo un reddito annuo ai proprietari e sollevandoli dall’onere della gestione operativa dell’immobile.

Un modello vincente anche in un anno di crisi

“Questo modello ci ha permesso di incrementare le acquisizioni di proprietà del 10% circa anche in un anno di crisi come il 2020, e siamo fiduciosi che anche nel 2021 manterremo un trend di crescita delle acquisizioni – prosegue Bisogno -. Oggi i dati ci dicono che più della metà degli italiani sta già pianificando una vacanza nel corso dell’anno e che un cliente italiano su due, tra quelli che abbiamo ospitato nel 2020, ha già chiesto informazioni sulle nostre proprietà almeno per una settimana di soggiorno anche per il 2021. Siamo convinti che quando la campagna vaccinale avrà dato i risultati auspicati e anche i nostri clienti stranieri torneranno a viaggiare con totale serenità, il giro d’affari tornerà quello precedente alla pandemia se non superiore”.

 

Aziende farmaceutiche, gli italiani le promuovono

Le aziende farmaceutiche sono viste bene o male dai cittadini italiani? Tutto sommato, nella percezione dell’opinione pubblica se la cavano con un’ampia sufficienza, tanto che 7 nostri connazionali su 10 le promuovono. Per esplorare più nel dettaglio il rapporto fra italiani e aziende farmaceutiche, Alnylam Pharmaceuticals ha realizzato con la collaborazione di Quorum/YouTrend l’indagine ‘L’industria farmaceutica. Conoscenze, percezioni dopo un anno di pandemia’. Il voto? Un bel 7, con un’opinione complessivamente positiva da parte degli utenti.

Bene comune o profitto?

Ecco qualche percentuale interessante emersa dalla ricerca, condotta attraverso oltre 1.500 interviste per esplorare il sentiment generale sulle imprese del farmaco. Emerge che il 71,8% ha un’opinione positiva delle aziende farmaceutiche soprattutto perché consapevoli degli investimenti in ricerca e sviluppo (35,2%) e perché convinti che le industrie producano farmaci affidabili e sicuri (32,1%). La percezione di chi ha espresso un’opinione negativa (21,6%), invece, è legata al pensiero che le aziende farmaceutiche guardino prima di tutto al profitto (81,3%) e che manchino di responsabilità sociale (44,7%).

Gli italiani non sanno proprio tutto

La nota che accompagna l’indagine esplora anche il rapporto fra spesa sanitaria nazionale e spesa farmaceutica, evidenziando però che solo poco più della metà degli intervistati (50,7%) è a conoscenza che il prezzo dei farmaci in Italia è stabilito da una negoziazione tra le aziende farmaceutiche e Agenzia italiana del farmaco (Aifa), una percentuale leggermente maggiore (+6,6%) rispetto a quanto emerso nel 2019. In particolare, gli italiani continuano a sovrastimare in larga maggioranza (54,6%) l’incidenza del costo dei farmaci sulle spese del Servizio sanitario nazionale, ritenendola ben superiore al reale 20% circa del Fondo sanitario nazionale (+4,3% rispetto al 2019). “Una percezione generica di spesa fuori controllo, che permane a fronte di un’insufficiente conoscenza del contesto, oltre che di preconcetti sedimentati”, è l’analisi dei promotori dell’indagine. Ancora – rilevano – in Italia non è ancora così diffusa la consapevolezza dell’esistenza di diverse tipologie di farmaci che, proprio perché differenti e frutto di investimenti specifici in Ricerca e Sviluppo, hanno un valore e un costo diverso per cittadini e Ssn. Meno del 30% del campione, per esempio, sa cos’è un farmaco orfano e appena poco più del 50% comprende cosa significa farmaco innovativo.

I preconcetti, anche sui vaccini

“Oggi si parla moltissimo di vaccini a mRna, anticorpi monoclonali e più in generale di terapie innovative – ha dichiarato ad Adnlkronos Massimo Bertelli, GM Alnylam Italia – soprattutto a fronte di un nuovo e più ampio concetto di autodeterminazione della cura. Altrettanto chiaramente emerge però come l’interesse verso questi argomenti sia minato da preconcetti, ovvero come ancora manchi una reale volontà di comprendere appieno le dinamiche del mondo farmaceutico e più in generale del mondo salute. E’ tuttavia confortante sottolineare che lo stesso campione oggetto della ricerca, messo a conoscenza dei meccanismi in essere di controllo della spesa sanitaria e negoziazione del prezzo dei farmaci, cambia atteggiamento verso il settore”.