Autore: Fabrizio Gambetta

Beni di consumo: 187 miliardi di fatturato, +5,2% nel 2023

È quanto emerge dal nuovo Barometro dei Consumi di NIQ: nel 2023 la spesa degli italiani per i beni di largo consumo e i beni tecnologici e durevoli è aumentata del 5,2% rispetto al 2022, per un fatturato complessivo di 187 miliardi di euro.

L’aumento è stato determinato in particolare dalla crescita del prezzo dei prodotti alimentari e per la cura della persona, mentre le famiglie sono rimaste più caute nelle spese di alcuni prodotti T&D (beni di consumo tecnologici, elettrodomestici, fai da te).
Il Barometro dei Consumi combina i dati di NIQ e GfK, e offre una panoramica completa della spesa nel settore FMCG (prodotti alimentari, deperibili, cura della casa e della persona) e nel settore T&D.

La crescita si deve all’aumento a doppia cifra dei prezzi

Nel 2023, nel settore del largo consumo, si è registrata una crescita del fatturato senza precedenti che ha superato i 134 miliardi di euro, +7,9% rispetto al 2022, alimentato principalmente dall’aumento a doppia cifra dei prezzi.

Nonostante l’inflazione abbia eroso il potere d’acquisto dei consumatori, i beni di prima necessità hanno mantenuto un livello stabile di vendite a volume, con una modesta flessione del -1,7% (nel perimetro dei prodotti confezionati). Secondo il Barometro dei Consumi, le categorie che hanno mostrato le performance migliori sono state il settore alimentare, con un aumento dell’8,9% e un giro d’affari di 82 miliardi di euro nel 2023, e il fresco, +8,2%.
Anche i prodotti per la cura della casa e della persona hanno registrato una solida crescita, pari a +7,0%.

L’effetto inflazione sulle vendite

Analizzando i dati trimestrali, emerge come l’effetto dell’inflazione, con un valore medio dell’11,3% nel 2023, sia stato più pronunciato nei primi sei mesi dell’anno.

Ciò ha contribuito a spingere le vendite, in crescita rispettivamente del 9,2% nel primo trimestre e del 9,8% nei mesi di aprile, maggio e giugno. Successivamente, l’inflazione si è stabilizzata, con una crescita delle vendite più moderata (+7,8%) nel terzo trimestre.
Nei mesi di ottobre, novembre e dicembre, l’effetto dell’inflazione si è attenuato ulteriormente, toccando il punto più basso di crescita a valore, pari al 5,1%.

T&D: un anno di alti e bassi

Il mercato dei beni tecnologici e durevoli (T&D) in Italia nel 2023 ha attraversato un anno di alti e bassi e una lieve decrescita rispetto al 2022, registrando un fatturato di 53 miliardi di euro.
Il settore dell’Home Improvement, che comprende prodotti per il miglioramento della casa e l’arredamento, ha iniziato il 2023 con una crescita solida (+5,3%), ma ha chiuso l’anno con una flessione del -0,2%.

Il settore Technical Consumer Goods (TCG), che include elettronica di consumo, telefonia, IT, prodotti per l’ufficio, fotografia e altri beni tecnologici, ha sofferto un calo significativo nel 2023, pari a -5,4%.
Tuttavia, alcune sottocategorie, come gli elettrodomestici, hanno registrato una crescita positiva nel 2023, e il settore ha chiuso l’anno a 6 miliardi di euro (+3,2%).

Grandi aziende italiane, che livello ha raggiunto l’automazione dei processi?

Il 42% delle grandi aziende italiane attualmente utilizza sistemi di automazione dei processi, una percentuale che aumenta al 60% tra le imprese con più di 1.000 dipendenti. Tuttavia, solo il 15% di queste imprese ha implementato progetti di automazione intelligente dei processi, combinando tecniche tradizionali con funzioni di intelligenza artificiale. Tale percentuale cresce al 34% tra le grandissime realtà, ma scende al 10% in quelle grandi (con 250-999 addetti).

Nonostante il 61% delle grandi aziende abbia avviato progetti di Intelligenza Artificiale, la maggior parte di essi si concentra sulla costruzione di sistemi di supporto alle decisioni piuttosto che sull’automazione.

Le funzioni aziendali più coinvolte

La ricerca condotta dall’Osservatorio Intelligent Business Process Automation della School of Management del Politecnico di Milano rivela che, tra le aziende che hanno sperimentato l’Intelligent Automation, le funzioni aziendali più coinvolte sono Accounting, Finanza e Controllo, seguite da Operations, Sales e Customer Service. Solo il 15% delle grandi aziende italiane ha formalizzato il know-how per renderlo fruibile per sistemi automatici abilitati dall’IA.

La ricerca evidenzia inoltre che molte aziende stanno sperimentando progetti di AI in fase di “test”, e dunque non ancora pienamente integrati nei processi aziendali. Il Responsabile Scientifico dell’Osservatorio, Giovanni Miragliotta, sottolinea che nonostante l’automazione dei processi di business sia un tema consolidato da circa dieci anni, le recenti capacità dell’Intelligenza Artificiale portano un nuovo livello di cambiamento. Un cambiamento ostacolato però da diverse barriere, tra cui l’integrazione di dati e tecnologie, le resistenze interne e la gestione delle reazioni dei clienti.

Il valore dei finanziamenti

La ricerca ha coinvolto 501 aziende attive nell’ambito dell’automazione dei processi a livello internazionale, che hanno ricevuto finanziamenti negli ultimi 20 anni, raccogliendo complessivamente 15 miliardi di dollari. Nel periodo dal 2014 al 2020, si è registrato un incremento significativo nel numero di aziende finanziate e nel valore dei contributi, con l’82% del totale dei finanziamenti raccolto tra il 2018 e il 2022.

L’adozione della business process automation può essere categorizzata in tre livelli incrementali: task-level, business process e business process reengineering. Questi livelli offrono diverse opportunità di valore per le organizzazioni e possono essere attivati in base alle esigenze specifiche.

Le soluzioni tecnologiche per l’automazione 

L’offerta di automazione dei processi comprende soluzioni tecnologiche come la Robotic Process Automation (RPA), con un’evoluzione verso funzionalità abilitate dall’Intelligenza Artificiale e dalla generative AI. L’importanza delle soluzioni di process intelligence, come task mining e process mining, è in crescita, anche se l’80% delle aziende che hanno automatizzato alcuni processi non ha utilizzato tali tecnologie.

Infine, l’Intelligenza Artificiale trova applicazione in diverse fasi di gestione e automazione dei processi aziendali, comprese categorie come business process management, sviluppo e funzionamento dell’automazione, interazione con l’automazione, automazione del processo e orchestrazione di più processi. Tuttavia, l’adozione di queste tecnologie è ancora in fase di sviluppo e la consapevolezza delle aziende riguardo alle opportunità offerte dall’IA è in continua crescita.

Minacce digitali: attacchi tramite e-mail +222% nel secondo semestre 2023 

Nella seconda metà del 2023 il phishing potenziato dall’AI ha colpito oltre il 90% delle organizzazioni, contribuendo in modo netto all’incremento del 222% degli attacchi sferrati via e-mail.
Emerge dal report globale di Acronis sulle minacce digitali, dal titolo ‘Incessante aumento degli attacchi informatici: PMI e MSP nel mirino’, relativo al secondo semestre 2023.

Il report conferma la tendenza alla diminuzione delle varianti e del numero di nuovi gruppi di ransomware, ma le famiglie più diffuse di questo vettore continuano a causare perdite di dati, e denaro, alle aziende di tutto il mondo. Inoltre, il report anticipa un’intensificazione degli attacchi con tattiche avanzate, come quelli alla supply chain, basati sull’AI e le incursioni sponsorizzate da Stati nazione.

Singapore, Spagna e Brasile i più colpiti dagli attacchi malware

Gli MSP devono prepararsi a far fronte a minacce specifiche per le loro attività. Tra queste, la strategia di ‘island hopping’, in cui gli aggressori sfruttano l’infrastruttura di un MSP per attaccare i clienti, o lo stuffing delle credenziali, con cui viene sfruttato l’ampio accesso ai sistemi di cui dispone un MSP.

Nell’ultimo trimestre 2023, i paesi più colpiti dagli attacchi malware (ogni malware circola in media 2,1 giorni prima di scomparire) sono stati Singapore, Spagna e Brasile.
Nello stesso periodo, Acronis ha bloccato quasi 28 milioni di URL sugli endpoint (- 36% rispetto al quarto trimestre 2022) e ha reso pubblici 1.353 casi di ransomware.

Il ransomware minaccia PA e medie/grandi imprese

Aumenta l’impiego di sistemi di AI generativa per avviare attacchi informatici e creare contenuti dannosi. WormGPT, FraudGPT, DarkBERT, DarkBART e ChaosGPT sono alcuni tra gli strumenti più utilizzati dagli hacker.
Ma è il ransomware la principale minaccia per le medie e grandi imprese, colpendo settori strategici come la PA e la sanità, mentre i furti di dati sono la seconda minaccia più diffusa.

I gruppi specializzati in ransomware più attivi nel 2023 includono invece LockBit, Cl0P, BlackCat/ALPHV, Play e 8Base.
Il provider italiano di servizi cloud Westpole per la PA ha subito un importante attacco che ha messo in crisi servizi per 1.300 amministrazioni pubbliche, tra cui 540 comuni. L’attacco, attribuito a LockBit 3.0, ha portato a operazioni manuali in diversi comuni, con ripercussioni sui pagamenti degli stipendi.

Non cessano gli attacchi agli MSP

Mentre l’agenzia italiana per la sicurezza informatica ha recuperato i dati di oltre 700 enti, il ripristino delle restanti 1.000 amministrazioni pubbliche rimane in difficoltà, sollevando preoccupazioni circa la capacità di Westpole di recuperare completamente i dati e adempiere agli obblighi nei confronti delle PA colpite.

Non cessano poi gli attacchi agli MSP, come la recente violazione di alto profilo che ha interessato numerose agenzie governative degli USA. Le vulnerabilità degli account di posta elettronica nel cloud di Microsoft, ad esempio, hanno causato la violazione di 60.000 e-mail appartenenti a 10 account del Dipartimento di Stato USA.

Rischi globali: come prevederli e affrontarli? 

Tensioni geopolitiche, crisi climatiche e incertezze economiche contribuiscono a un panorama globale instabile, caratterizzato da narrativa polarizzante e crescente insicurezza. E mentre le società si adattano a queste sfide, la capacità di cooperare a livello globale è messa alla prova.
In un mondo caratterizzato da crescente complessità, incertezza e frammentazione, la previsione e la gestione del rischio globale diventano sempre più cruciali per i leader aziendali e i policy maker.

Da quasi due decenni, il Global Risks Report del World Economic Forum (WEF) svolge un ruolo chiave nel processo decisionale strategico. Realizzato in collaborazione con Marsh McLennan e Zurich Insurance Group, il Report 2024 esplora le sfide più pressanti che il mondo dovrà affrontare nei prossimi anni, con particolare attenzione ai cambiamenti tecnologici, l’incertezza economica, i problemi legati a clima e conflitti.

Servono maggiore consenso e cooperazione

Il rapporto mette in luce la necessità di un maggiore consenso e cooperazione per affrontare efficacemente i rischi globali, identificando la possibilità di uno ‘sforzo minimo vitale’ per affrontare questi problemi in base alla loro natura.

Le intuizioni del rapporto sono supportate da dati originali sulla percezione del rischio globale, raccolti attraverso il Global Risks Perception Survey, che coinvolge leader globali provenienti da diverse aree, tra cui accademici, imprese, governi e società civile.
Guardando al futuro, il rapporto evidenzia la necessità di un dialogo aperto e costruttivo tra i leader del governo, delle imprese e della società civile per affrontare i rischi globali e sviluppare opportunità e soluzioni a lungo termine.

Il deterioramento delle prospettive globali nel 2023

Dalla persistenza dei conflitti letali in varie regioni del mondo alle condizioni meteorologiche estreme legate ai cambiamenti climatici, il 2023 è stato caratterizzato da una serie di sfide.
Il malcontento sociale è cresciuto in molti paesi, con proteste violente e rivolte che hanno dominato i cicli di notizie. Sebbene le conseguenze destabilizzanti a livello globale siano state in gran parte evitate, le prospettive a lungo termine suggeriscono la possibilità di ulteriori shock globali.

Il rapporto delinea quattro forze strutturali che modelleranno la gestione dei rischi globali nel prossimo decennio: i cambiamenti climatici, la biforcazione demografica, l’accelerazione tecnologica e gli spostamenti geostrategici. Queste transizioni saranno caratterizzate da incertezza e volatilità, mettendo alla prova la capacità delle società di adattarsi e rispondere efficacemente ai rischi globali.

Il ruolo del Global Risks Consortium

A sostenere l’iniziativa del World Economic Forum nella gestione dei rischi globali ci penserà il neo nato Global Risks Consortium.
Il nuovo consorzio si concentrerà sull’elaborazione di azioni proattive per affrontare i rischi globali, migliorando la comprensione e la diffusione della previsione del rischio e promuovendo l’azione concreta attraverso il dialogo nazionale e di settore.

L’obiettivo principale di questa iniziativa, riporta Adnkronos, è assicurare che i leader politici e aziendali di tutto il mondo prendano decisioni cruciali basate sulle migliori informazioni disponibili, con una chiara comprensione dei potenziali futuri e delle relative implicazioni.

Lavoro, è allarme burnout 

I dati sulla diffusione del burnout all’interno delle aziende sono sconcertanti: globalmente, circa il 20% dei dipendenti ne sperimenta i sintomi. la situazione è tale che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ufficialmente riconosciuto il burnout come una condizione medica collegata allo stress cronico non gestito adeguatamente sul luogo di lavoro, includendolo nella classificazione internazionale delle malattie.

Il fenomeno, inoltre, colpisce in modo più significativo i lavoratori delle aziende più piccole, quelli senza posizioni manageriali e i giovani.

Impatto maggiore sui giovani 

In particolare, l’80% dei dipendenti appartenenti alle generazioni Z e Millennial sarebbe disposto a lasciare il lavoro a causa di una cultura aziendale tossica. La necessità di prestare attenzione ai processi di ascolto dei dipendenti è stata evidenziata da Francesca Verderio, leader delle pratiche di formazione e sviluppo di Zeta Service, un’azienda italiana specializzata in servizi HR e payroll.

Le cause del burnout: conflitti e stress

Conflitti interpersonali, mancanza di chiarezza su compiti, responsabilità e obiettivi, pressioni legate alle tempistiche e al carico di lavoro possono portare a confusione, stress e bassa produttività, contribuendo al burnout. La necessità di un’adeguata gestione dello stress sul lavoro è chiaramente indicata dall’OMS.

Cosa succede a livello globale?

Un recente sondaggio condotto dal McKinsey Health Institute su 30.000 dipendenti in 30 paesi evidenzia che il 22% dei lavoratori a livello globale sperimenta sintomi di burnout, con variazioni significative tra le nazioni. L’India registra il 59%, mentre il Camerun segna il 9%. L’Italia si posiziona nella parte bassa della classifica, con solo il 16% dei sintomi di burnout, nonostante manifesti un’elevata percentuale di stanchezza fisica e mentale (43%).

Il prezzo economico del burnout

Le dimissioni dei giovani rappresentano oggi una sfida per il 60% dei talent manager. Si tratta di un ostacolo all’introduzione di nuove competenze e alla crescita delle imprese. Il calo della soddisfazione lavorativa, registrato dal 2020, potrebbe causare una perdita di circa 8,8 trilioni di dollari in produttività a livello globale, riferisce Cnbc.

Un clima aziendale positivo è necessario per stare bene 

Un ambiente di lavoro positivo consente ai dipendenti di sperimentare un maggiore benessere e di essere più performanti. E’ inoltre correlato a una maggiore soddisfazione lavorativa, coinvolgimento, collaborazione e produttività. Un sondaggio PwC evidenzia che il miglioramento del benessere dei dipendenti potrebbe contribuire economicamente, ad esempio nel Regno Unito, con un valore compreso tra 130 e 370 miliardi di sterline all’anno.

Lavori del futuro: “spunta” il Sustainability Specialist 

Quali sono i lavori del futuro, o meglio le professioni emergenti? Lo rivela Linkedin che, in una classifica recentemente pubblicata, ha elencato le 15 figure che saranno più richieste a breve. Tra le professioni che prevedono nuove competenze e attitudini, spicca la quarto posto il ruolo del ‘Sustainability Specialist’, una figura sempre più richiesta e particolarmente significativa per la sostenibilità delle organizzazioni.

Chi è il Sustainability Specialist?

Il ‘Sustainability Specialist’ è una figura particolarmente ricercata nelle grandi città come Milano e Roma. Questi “esperti” sono incaricati di ideare, supervisionare e implementare strategie mirate al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità aziendale. L’Unione europea ha sottolineato l’importanza di tali obiettivi, che coinvolgono interessi pubblici e privati, sociali e umanitari. Spesso questo ruolo è ricoperto da donne.

Le competenze richieste

Le competenze richieste per questa professione sono articolate. Comprendono infatti la rendicontazione di sostenibilità e la capacità di operare in contesti di consulenza per lo sviluppo sostenibile. Settori come la consulenza di servizi aziendali, la produzione di macchinari e la fabbricazione di mezzi di trasporto sono quelli maggiormente rappresentati.

La distribuzione per genere vede il 65% di donne e il 35% di uomini, con un grado di competenza medio richiesto pari a 2,8 anni di esperienza in ruoli analoghi.

Un contesto che cambia in fretta 

La presenza del ‘Sustainability Specialist’ nella top 5 delle professioni emergenti evidenzia come stia cambiando il mondo del lavoro, spinto anche da fattori come l’automazione e l’intelligenza artificiale. Questi professionisti operano in ambiti quali il project management, la consulenza ambientale e l’analisi del business. Tuttavia, la possibilità di lavorare da remoto resta limitata e si attesta intorno al 5%.

Le varie opportunità 

LinkedIn sottolinea che la classifica delle professioni in crescita offre insights utili per comprendere le tendenze che delineano il futuro della forza lavoro. In sintesi, dà informazioni preziose a chi desidera cambiare professione, rientrare nel mondo del lavoro o investire in competenze adatte alle sfide future.

La classifica delle professioni in crescita vede al primo posto i Sales Development Representative (addetti allo sviluppo commerciale), seguiti da Ingegneri dell’Intelligenza Artificiale e Analisti SOC (esperti di sicurezza informatica aziendale). Al quarto posto si collocano gli Sustainability Specialist di cui abbiamo scritto sopra e al quinto i Cloud engineer, che si occupano di monitoraggio e mantenimento dell’infrastruttura e dei server.

Lavoro: come rendere meno traumatico il rientro e iniziare l’anno con il piede giusto

Per lavoratori e aziende il mese di gennaio è il momento della ripresa delle attività. Una ripresa che però talvolta può essere davvero difficile.

“Gestire l’ansia e lo stress che molto spesso caratterizzano questi momenti diventa fondamentale per non avere conseguenze importanti sul proprio benessere”, spiega Massimo Mariani di Ab Lavoro, società di ricerca e selezione di personale qualificato.
Ripartire con il piede giusto dopo un periodo più o meno lungo di pausa, soprattutto all’inizio di un nuovo anno, è quindi importante per non rendere troppo traumatico il rientro in ufficio e la ripresa della routine quotidiana.

L’attenzione al benessere è fondamentale

Molto spesso accade purtroppo che il ritorno al lavoro sia accompagnato da una situazione di disagio, se non addirittura un vero e proprio malessere da rientro. Per fortuna, un occhio di riguardo alla salute fisica e mentale delle persone costituisce un elemento sempre più vincente nelle strategie di talent attraction delle aziende.

“L’attenzione al proprio benessere è ormai fondamentale per tutti i lavoratori, che da qualche tempo non sono più disposti a scendere a compromessi – aggiunge Giacomo Grilli, di Ab lavoro -. Le aziende, se non vogliono perdere le risorse migliori, dovranno necessariamente iniziare a tenere in grande considerazione queste nuove necessità e cercare, per quanto possibile, di curare il benessere dei propri dipendenti”.

Pianificare il rientro, organizzare il lavoro, mantenere i buoni propositi professionali

Ecco allora qualche consiglio per combattere lo stress da rientro. Anzitutto, se possibile, cercare di non rientrare il lunedì, ma i giorni successivi. In questo modo, la settimana si accorcia e si ha la sensazione di avere più tempo a disposizione e riprendere le attività con gradualità.
Prima di staccare preparare una lista delle attività in ordine di priorità da svolgere una volta rientrati. Un quadro preciso di ciò che ci aspetta sarà utilissimo per evitare ansie e stress inutili.

Inoltre, evitare di fissare appuntamenti importanti durante i primi giorni di lavoro, e se per molti gennaio è un ottimo momento per riflettere sulla propria carriera, rivedere il cv, aggiornare il proprio profilo Linkedin o valutare altre opportunità lavorative.

Coltivare le buone relazioni e staccare (davvero) la spina

Al rientro, è fondamentale continuare a curare la propria presenza online e allargare il proprio network, così da aumentare le opportunità di sviluppo di carriera.
Coltivare buone relazioni con i colleghi, anche fuori dall’ufficio: cercare occasioni di incontro informali o di svago può aiutare a ridurre lo stress da rientro.

Durante le ferie regalarsi del tempo per attività che la routine quotidiana impedisce di fare ricarica poi le energie. Spostare la mente, anche solo temporaneamente, dagli impegni lavorativi, consente di tornare con maggiore carica e lucidità.
Ultimo consiglio, come riporta Adnkronos: fare in modo che ogni giorno contenga una piccola vacanza (anche metaforica). Una piccola occasione di relax quotidiana contribuisce infatti a rendere il ritorno alla routine meno stressante.

A dicembre 2023 in aumento fiducia di imprese e consumatori 

È in atto un diffuso miglioramento delle opinioni dei consumatori, soprattutto sulla situazione economica generale e sulla situazione futura.
L’evoluzione positiva è evidenziata dai quattro indicatori calcolati mensilmente dall’Istat a partire dalle stesse componenti del clima di fiducia.

A dicembre 2023 il clima economico e quello futuro registrano gli incrementi più consistenti, il primo passa infatti da 111,0 a 118,6 e il secondo da 109,3 a 113,5, il clima corrente aumenta da 99,8 a 102,2 e il clima personale sale da 101,2 a 102,8.
Per l’ultimo mese dell’anno l’Istat stima in generale un aumento sia del clima di fiducia dei consumatori, il cui indice in media cresce da 103,6 a 106,7, sia dell’indicatore composito del clima di fiducia delle imprese, che sale da 103,5 a 107,2.

Cresce la fiducia in tutti i comparti, tranne la manifattura

Con riferimento alle imprese, l’Istat segnala un miglioramento della fiducia, seppur con intensità diverse, in tutti i comparti a eccezione della manifattura. Più in dettaglio, nei servizi di mercato si registra un marcato aumento, con l’indice che passa da 96,7 a 106,4, nelle costruzioni e nel commercio al dettaglio l’incremento è più contenuto (l’indice cresce, rispettivamente, da 161,3 a 162,9 e da 107,5 a 107,8), mentre si stima un peggioramento della fiducia nella manifattura: qui l’indice diminuisce da 96,6 a 95,4.

Quanto alle componenti degli indici di fiducia, nella manifattura giudizi sugli ordini e sulle scorte di prodotti finiti risultano sostanzialmente stabili rispetto al mese scorso, ma si abbinano ad attese di produzione in deciso peggioramento.
Indici di sfiducia: attese di produzione in deciso peggioramento per il manifatturiero

Commercio al dettaglio: nella GDO giudizi sulle vendite positivi, attese in diminuzione

Nelle costruzioni invece si stima un miglioramento di tutte le componenti, mentre nei servizi di mercato si evidenzia un deciso miglioramento dei giudizi sugli ordini e sull’andamento degli affari. Anche le attese sugli ordini aumentano, ma l’incremento del saldo è meno consistente rispetto ai giudizi.

Con riferimento al commercio al dettaglio, l’Istat stima una dinamica estremamente positiva per i giudizi sulle vendite, mentre le relative attese sono in diminuzione.
Tale evoluzione, secondo l’Istat è determinata dalla grande distribuzione, mentre nella distribuzione tradizionale opinioni negative sulle vendite si uniscono a un aumento delle relative attese. Quanto alle scorte di prodotti finiti, sono giudicate in decumulo.

“Generale miglioramento di tutte le variabili che compongono l’indicatore”

“A dicembre, il clima di fiducia delle imprese torna ad aumentare dopo quattro mesi consecutivi di riduzione e raggiunge il livello più elevato dallo scorso luglio – segnala l’Istituto, come riferisce Il Sole 24 Ore -. L’aumento dell’indice è determinato dal comparto dei servizi e da quello delle costruzioni. L’indice di fiducia dei consumatori aumenta per il secondo mese consecutivo e si riporta, anch’esso, sul livello di luglio 2023. Si segnala un generale miglioramento di tutte le variabili che compongono l’indicatore a eccezione dei giudizi sull’opportunità di risparmiare nella fase attuale, che rimangono sostanzialmente stabili rispetto al mese scorso”.

Inflazione e aumento dei prezzi: italiani ancora preoccupati

Secondo l’Ipsos Global Inflation Monitor l’Italia è il Paese europeo dove cittadini e cittadine lamentano maggiormente difficoltà nella gestione delle proprie finanze.

Secondo l’ultima edizione di ‘What Worries the World’, l’indagine mensile di Ipsos sulle principali preoccupazioni su questioni sociali e politiche in 29 Paesi, anche nel contesto globale la preoccupazione per gli aumenti non sembra diminuire. Per il 20° mese consecutivo, a dicembre 2023, l’inflazione infatti è la prima preoccupazione per il 38% dei cittadini a livello globale, una percentuale in diminuzione di un solo punto rispetto a ottobre 2023.

Un disallineamento tra accadimenti e aspettative

La preoccupazione per l’inflazione in Italia rimane quindi elevata, e se si considera la soddisfazione della propria condizione economica, il Paese si presenta diviso in due.
Considerando che una persona su quattro crede che a una diminuzione del tasso di inflazione corrisponda una diminuzione dei prezzi, risulta evidente come sia difficile giungere a una situazione di allineamento tra accadimenti e aspettative.

Per i consumatori insoddisfatti della propria condizione economica si acuiscono fattori che tendono a diventare strutturali, come un aumento delle spese fisse e una diminuzione delle entrate, sia reale o percepita se parametrata al costo della vita.

Le promozioni continuano a sostenere i consumi

In generale, gli aumenti dei prezzi continuano a incidere molto sui consumi considerati comprimibili.
Le persone non vedono soddisfatta la loro aspettativa di una riduzione della quota di reddito dedicata a spese energetiche e spese fisse (mutui, affitti, ecc.). Ma in questo contesto, il carrello della spesa non modifica la sua composizione in termini di prodotti, bensì diminuisce il suo valore.

Nel corso del tempo la ricerca delle promozioni rimane la scelta per eccellenza per sostenere i propri consumi.
Con l’obiettivo di risparmiare, i consumatori adottano molteplici strategie per le diverse categorie di prodotto. Prima di ridurre o rinunciare del tutto agli acquisti cambiano i luoghi di acquisto favorendo discount e web, e fanno scorta di prodotti in promozione.

Le aziende speculano sugli aumenti dei prezzi?

L’ultima rilevazione dell’Osservatorio Inflazione registra un’ulteriore crescita della convinzione che oggi gli aumenti dei prezzi inizino a essere speculativi soprattutto da parte delle aziende produttrici.
Migliora, invece, la percezione nei confronti della distribuzione. Il carrello tricolore sembra avere avuto un ruolo nel sostenere l’immagine dei retailer.

Al contrario, non gioca a favore della produzione il fenomeno della shrinkflation, la pratica di ridurre il packaging e il contenuto dei prodotti, ma senza una relativa diminuzione di prezzo. Un fenomeno ormai sperimentato da sette persone su dieci, in particolare, sui prodotti abituali.

Fine del mercato tutelato di luce e gas: e ora cosa accadrà?

Si sta avvicinando un importante cambiamento per gli italiani. La fine del mercato tutelato di luce e gas nel nostro Paese è stata fissata al 10 gennaio 2024 per il gas e al 1° aprile 2024 per l’energia elettrica.

A partire da queste date, gli utenti dovranno scegliere un fornitore nel mercato libero, e dovranno dire addio al regime a prezzi regolamentati stabiliti dall’Arera, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente.
In ogni caso, la transizione dal mercato tutelato a quello libero non comporterà una interruzione immediata delle forniture a coloro che non effettueranno la scelta in tempo.
Chi non effettuerà in tempo la scelta tra i fornitori nel mercato libero verrà incluso nel servizio a tutele graduali.

Proroga: una questione ancora in sospeso

Secondo Arera, la tutela di prezzo per i clienti domestici non vulnerabili di gas naturale (ovvero, famiglie e condomini) terminerà a gennaio 2024, mentre per quelli di energia elettrica a partire da aprile 2024.

Le microimprese utenti di energia elettrica hanno invece già concluso il passaggio ad aprile 2023.
Una questione ancora in sospeso riguarda la possibilità di una proroga. Nonostante non ci siano ancora conferme ufficiali, diverse voci politiche hanno espresso la volontà di estendere il termine.
Vannia Gava, la viceministra dell’Ambiente, ha infatti dichiarato: “Prevedremo una proroga di qualche mese. Stiamo lavorando in questa direzione”.

“Un approfondimento serio, tecnico, realistico sulle modalità di uscita”

Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha aggiunto: “Stiamo lavorando non tanto a un percorso giuridico di proroga, ma a un approfondimento serio, tecnico, realistico sulle modalità di uscita. Il nostro dovere è che la fine del mercato tutelato sia più liscio, informato e semplice possibile – spiega il ministro -. Sto aspettando che gli operatori e Arera mi diano tutti gli elementi di quello che può essere un percorso tecnico di attuazione”.

Sono oltre 10 milioni le utenze domestiche da migrare verso il mercato libero

Ma, continua il ministro Pichetto Fratin, “Non è una proroga giuridica, ma è un ragionamento che stiamo facendo con dei tempi certi, che diano la garanzia di informazione alle famiglie e di rapporto con le banche”.

Dal canto loro, con oltre 10 milioni di utenze domestiche da migrare, le associazioni dei consumatori stanno esercitando pressione per ottenere una proroga.
Tuttavia, fino a nuove comunicazioni, le date da tenere a mente rimangono il 10 gennaio 2024 per il gas e il 1° aprile 2024 per l’elettricità.