Lavoro: il Quiet Quitting mette in difficoltà le aziende

Stando agli ultimi dati pubblicati dall’Osservatorio sul Precariato dell’Inps, in Italia nel primo semestre 2022 oltre 1 milione di persone ha deciso di dare le dimissioni dal posto di lavoro. Rispetto al primo semestre 2021 le dimissioni sono cresciute del 31,73%, in parallelo a un incremento del 26% di assunzioni. Il fenomeno delle Grandi dimissioni continua quindi a essere centrale a livello nazionale. A livello internazionale, però, sembra che il fenomeno stia lasciando spazio a un nuovo trend, il Quiet Quitting. Trascorsa quindi l’onda più drastica della consegna delle dimissioni, ora molti lavoratori scelgono una via più lenta, senza tagli netti. Quiet Quitting significa infatti “lasciare lentamente”, ovvero, mollare la presa sul lavoro, limitandosi a fare lo stretto necessario.

Evitare lavoro extra, straordinari, reperibilità

“Il fenomeno del Quiet Quitting, seppur possa sembrare meno impattante rispetto a quello delle dimissioni di massa, non deve e non può essere trascurato dalle aziende – spiega Carola Adami, fondatrice di Adami & Associati -. Le persone che scelgono in modo razionale e sì, strategico, di mettere paletti chiari alla propria vita lavorativa iniziano con evitare il lavoro extra, gli straordinari, la reperibilità, smettendo del tutto di considerare la propria carriera lavorativa come una priorità. E questo, in uno scenario in cui fin troppo spesso le aziende contano proprio sugli extra, e sullo sforzo in più da parte dei dipendenti per raggiungere gli obiettivi prefissati, può ovviamente diventare un problema considerevole”.

Solo il 21% dei dipendenti globali è ancora coinvolto dal proprio lavoro

Al di là dei social network, dove l’hashtag #quietquitting continua a guadagnare popolarità, la concretezza del fenomeno è testimoniata dal report State of the global workplace 2022 di Gallup. Lo studio dice che se prima della pandemia l’engagement dei dipendenti nei confronti delle aziende fosse in continuo aumento a livello globale, oggi è invece stagnante o in flessione. Guardando ai numeri attuali, solamente il 21% dei dipendenti afferma di essere coinvolto dal proprio lavoro, un dato che in Europa scende al 14%.

Un fenomeno che riguarda soprattutto Millennial e Gen Z

“I numeri mostrano che il fenomeno del Quiet Quitting riguarda soprattutto i lavoratori delle generazioni Millennial e Z, ovvero la forza lavoro nata a partire dagli anni Ottanta, che rappresenta la parte più produttiva e più importante per lo sviluppo delle aziende – spiega Adami -. Se per evitare le dimissioni dei dipendenti le aziende sono chiamate a investire nella formazione degli assunti, a introdurre benefit e ad ascoltare le esigenze dei dipendenti, nel caso del Quiet Quitting l’attenzione va posta soprattutto sul dialogo, e sulla costruzione di un rapporto autentico ed empatico tra manager e membri del proprio team. Questo, perché un ambiente di lavoro sano e trasparente permette di ridurre il turnover e aumentare la propensione alla produttività”.