Mese: Settembre 2023

Esg: un vantaggio competitivo per imprese e istituzioni

L’integrazione delle tre dimensioni della sostenibilità (ambientale, sociale, economica) entra sempre più nei piani strategici delle imprese e delle istituzioni. La sostenibilità è strettamente connessa a temi concreti, come la competitività delle aziende. L’80% delle aziende quotate ha infatti sviluppato un piano di sostenibilità (+32% vs 2020), mentre l’83% pensa che ci sia un forte vantaggio competitivo nell’integrare i fattori Esg all’interno delle strategie aziendali. Questo vale anche per le istituzioni. Regione Lombardia, ad esempio, con il Programma regionale di sviluppo sostenibile (Prss), integra gli obiettivi di sostenibilità nella sua pianificazione strategica.
È quanto emerge dai dati di EY presentati durante il convegno organizzato da EY e Regione Lombardia dal titolo Sostenibilità ambientale, sociale ed economica: un confronto tra attori pubblici e privati.

Un connubio virtuoso per la sostenibilità ambientale

Uno degli aspetti critici che interessa trasversalmente tutte le dimensioni della sostenibilità, più ancora della necessità di investimenti, è l’execution, ovvero, la creazione delle condizioni ideali per ‘fare le cose’, dalla semplificazione normativa allo sviluppo di competenze adeguate.
In tema di sostenibilità ambientale, poi, una delle chiavi per poter accelerare la transizione green è l’innovazione. Smart city, riqualificazione degli edifici, economia circolare, mobilità sostenibile, sono al centro del dibattito tra istituzioni e imprese, che possono agire in un connubio virtuoso in grado di generare benefici per le realtà produttive stesse, l’ambiente e la collettività.

Formazione ed empowerment per la sostenibilità sociale

Anche in ambito di sostenibilità sociale le aziende possono fare molto. Prima di tutto, investendo sul capitale umano e sui giovani, affrontando la formazione, l’empowerment e la sensibilizzazione sui temi Esg, in modo che ciascuno possa operare scelte più responsabili e sostenibili sul lavoro e nella vita privata. In questo senso, diverse realtà aziendali stanno mettendo in campo attività di corporate social responsability, anche attraverso le fondazioni d’impresa, come nel caso di EY Foundation e Fondazione Teatro alla Scala, che con i loro progetti coinvolgono in prima persona dipendenti e collaboratori.

La sfida della sostenibilità economica

La sostenibilità rappresenta una grande opportunità per attrarre investimenti anche tra le Pmi, che spesso sono più aperte al cambiamento.
“L’Italia esercita una forte attrattiva nei confronti dei fondi di investimento, e attualmente ci sono circa 1.300 aziende partecipate da fondi di private equity e venture capital”, afferma Anna Gervasoni, direttore generale Aifi.
L’impatto della sostenibilità sugli investimenti si delinea quindi come una grande sfida. “Dobbiamo essere rapidi a cogliere le opportunità, per fare in modo che la sostenibilità diventi una grande occasione per crescere – aggiunge Luca Felletti, responsabile finanziamenti agevolati, Intesa Sanpaolo -. In questo processo la finanza deve essere un acceleratore per contribuire a rendere le aziende più competitive”.

Mercato bio italiano: crescono superfici coltivate, vendite, export

L’Italia, con oltre 2,3 milioni di ettari e la più alta percentuale di superfici bio sul totale (19% contro una media europea ferma al 12%), è ormai vicina target del 25% di superfici investite a bio, previsto dalla Strategia Farm to Fork per il 2030. Positive poi anche le performance del mercato interno, grazie al traino dei consumi fuori casa (ristorazione commerciale e collettiva) e a una ripresa a valore dei consumi domestici, nonché le vendite all’estero. Sono alcuni dati rilevati dalla ricerca Nomisma presentata in occasione della prima giornata di Rivoluzione Bio 2023, gli Stati generali del biologico, organizzati in collaborazione con FederBio e AssoBio, realizzati con Nomisma, nel quadro del progetto cofinanziato dall’Ue BEING ORGANIC IN EU.

Le dimensioni del mercato interno

Nel 2022 le vendite alimentari bio nel mercato interno (consumi domestici e consumi fuori casa) hanno superato 5 miliardi di euro, il 4% delle vendite al dettaglio biologiche mondiali.
A trainare la crescita anche quest’anno i consumi fuori casa, che sfiorano 1,3 miliardi di euro (+18% sul 2022). Fondamentale però è la ripresa dei consumi domestici, che, dopo la leggera flessione del 2022 (-0,8% a valore rispetto al 2021), registrano una variazione del +7%. La crescita è da collegare soprattutto alla spinta inflazionistica dell’ultimo anno, confermata dal calo dei volumi in Grande Distribuzione (-3% le confezioni di prodotti bio vendute rispetto allo stesso periodo del 2022).

Export: +8%

Positiva anche quest’anno poi la performance dell’export di prodotti agroalimentari italiani bio, che raggiunge i 3,6 miliardi di euro nel 2023, segnando una crescita del +8% (anno terminante luglio) rispetto all’anno precedente. Nonostante si registri una crescita più contenuta rispetto allo scorso anno, comunque in linea con l’export agroalimentare nel complesso, il riconoscimento per il bio Made in Italy sui mercati internazionali risulta rafforzato dall’evoluzione di lungo periodo (+189% rispetto al 2013) e dal crescente ruolo del bio sul paniere dei prodotti Made in Italy esportati: il peso nel 2023 ha raggiunto oggi il 6% a fronte del 4% registrato dieci anni fa.

I prodotti si scelgono principalmente in base all’origine

Chi acquista bio sceglie principalmente in base all’origine: il 29% seleziona prodotti bio 100% italiani, un ulteriore 17% quelli di origine locale/km 0 e l’11% cerca l’ulteriore presenza del marchio DOP/IGP. Anche la marca gioca da sempre un ruolo fondamentale nella scelta dei prodotti bio da mettere nel carrello: l’8% preferisce la marca industriale e il 7% la marca del supermercato.
Ma perché il consumatore acquista prodotti bio? Innanzitutto perché li ritiene più sicuri per la salute rispetto a un prodotto convenzionale (27%), ma anche perché sono sostenibili. Il 23% li ritiene più rispettosi dell’ambiente, il 10% del benessere animale e un ulteriore 10% fa riferimento alla sostenibilità sociale e intende sostenere i piccoli produttori.

Pmi: l’export tra transizione sostenibile e digitale

Le oltre 200mila piccole e medie imprese italiane producono un giro di affari di oltre 1.000 miliardi di euro, generando quasi il 40% del Valore Aggiunto nazionale, e impiegano 5,4 milioni di lavoratori. Un terzo di tutti gli occupati della penisola. Attualmente le Pmi italiane realizzano all’estero circa un terzo del proprio fatturato e contribuiscono al 48% dell’export nazionale, rispetto al 20% delle tedesche e francesi, e al 34% delle spagnole.
Un trend che si rafforza anche in prospettiva: secondo le previsioni elaborate dall’Ufficio Studi di SACE, le esportazioni delle Pmi italiane sono attese crescere del 6,2% nel 2023, con una prospettiva del 4% nel 2024 e del 3,2% nel biennio 2025/2026, quando supereranno i 300 miliardi di euro.

L’Oriente guida la crescita delle esportazioni

Emerge da uno studio realizzato da SACE in collaborazione con The European House – Ambrosetti, dal titolo ‘Piccole, medie e più competitive: le Pmi italiane alla prova dell’export tra transizione sostenibile e digitale’. Con riferimento ai mercati di destinazione, a guidare la crescita dell’export delle Pmi italiane quest’anno sarà l’Oriente.
Medio Oriente, Asia orientale e centrale sono le aree per cui si prevedono infatti i maggiori incrementi, a fronte di tassi inferiori per l’Europa (+5,5%) e per l’America settentrionale (+6,6%), che rimangono comunque in valore assoluto le principali geografie di sbocco. Nel 2024 un maggiore dinamismo si rileverà in Africa subsahariana (+5,6%), America centro-meridionale (+5,4%) e America settentrionale (+5,1%).

Al centro delle catene globali del valore 

Di fatto, le Pmi sono al centro delle catene globali del valore e dei numerosi distretti industriali, elemento fondamentale della diffusione e affermazione del Made in Italy nel mondo, con un ruolo di ‘connettore sociale’ e attore chiave nei processi di transizione verso un mondo più sostenibile, digitale e interdipendente.
Da sempre le Pmi offrono un contributo rilevante per lo sviluppo economico, tecnologico e sociale del Paese. Nonostante alcuni segnali di attenzione emersi nel corso del primo trimestre 2023, possono contare su una struttura finanziaria rafforzata negli ultimi anni, e su livelli di debito relativamente contenuti che permettono di mitigare, almeno in parte, l’esposizione agli effetti avversi legati al peggioramento delle condizioni creditizie.

La Twin Transition aumenta la propensione a esportare 

Transizione sostenibile e rivoluzione digitale sono i due fenomeni che stanno caratterizzando in modo sempre più nitido e marcato l’attività di impresa. Nel 2022, oltre il 60% delle medie imprese manifatturiere (e quasi il 40% delle piccole) ha infatti intrapreso azioni di sostenibilità, mostrando un’attenzione crescente per questi temi. La cosiddetta Duplice Transizione (Twin Transition) aumenta poi la propensione all’export delle Pmi, tanto che il numero delle imprese che investe in green e digitale ed esporta è superiore del 20% rispetto a quello delle imprese che esportano non facendo alcuna transizione. Abbracciare la Duplice Transizione green e digitale porta quindi le Pmi a essere più resilienti, lungimiranti e consapevoli. Ma soprattutto più produttive e competitive non solo in ambito nazionale, ma anche internazionale.