My Blog

I consumatori italiani sono i più pessimisti in Europa sull’inflazione

Sono i consumatori italiani i più pessimisti nell’area euro sulle attese dell’inflazione. Secondo la mediana calcolata dalla Bce nella nuova indagine sulle aspettative dei consumatori, per i prossimi 12 mesi gli italiani si attendono un livello superiore al 6%. Un valore pari a un intero punto percentuale al di sopra delle aspettative dei consumatori di Belgio, Germania, Spagna e Olanda, che per i 12 mesi prevedono attese medie di inflazione intorno al 5%. All’opposto, le aspettative di inflazione più contenute sono quelle dei consumatori francesi, che secondo l’ultima rilevazione della Bce presentano una media poco sotto il 4%.

Il livello di inflazione percepita riguardo ai 12 mesi passati è pari al 10%

Va rilevato poi che i consumatori italiani sono anche quelli che mostrano il maggior livello sull’inflazione percepita guardando indietro ai 12 mesi passati, con un livello mediano pari al 10%.
Secondo l’indagine della Bce i consumatori di Spagna e Olanda hanno percepito una inflazione poco sotto il 9%, quelli del Belgio all’8%, i consumatori della Germania poco sopra il 7%, e anche in questo caso, il valore più basso si registra tra i consumatori della Francia, con una inflazione mediana percepita attorno al 5%.

A giugno l’inflazione percepita dai consumatori europei è stata del 8,6%

La Bce ha recentemente pubblicato per la prima volta anche i risultati di una nuova indagine proprio sulle aspettative dei consumatori europei, che riguarda diverse voci e di cui l’inflazione è il primo aspetto. A giugno l’inflazione percepita dai consumatori europei sugli ultimi 12 mesi è stata del 8,6%, e in media è del 7,2% a livello mediano. La ‘media’ è il numero che risulta dalla divisione di tutti i dati riportati per il numero di partecipanti a un sondaggio. La ‘mediana’, invece, è il numero che si trova nella posizione centrale quando i dati vengono ordinati in maniera crescente. Per l’insieme dell’area euro la Bce fornisce entrambi, mentre sui singoli Paesi pubblica grafici unicamente con il livello mediano.

Per i prossimi tre anni le attese degli italiani restano le più elevate

Secondo i dati relativi a un sondaggio effettuato a giugno, riporta Askanews, l’aspettativa di inflazione sui prossimi 12 mesi è invece stata del 6,6% in media e del 5% a livello mediano a livello dell’area euro.  Sui prossimi tre anni la media delle attese di inflazione dei consumatori è del 4,6%, mentre la mediana è del 2,8%. Sulle aspettative dei consumatori per i prossimi tre anni le attese degli italiani restano le più elevate, ma con un divario meno marcato: poco sopra il 3% nella Penisola, al 3% in Olanda e Spagna, poco sotto il 3% in Belgio, attorno al 2,5% in Germania e al 2% in Francia.

Dai voli agli alberghi tutti i rialzi delle vacanze

L’Unione Nazionale Consumatori ha elaborato i dati Istat per stilare quattro classifiche: quella dei servizi che a giugno hanno registrato i maggiori rialzi per le voci legate alle vacanze, quella dei prodotti alimentari, e le classifiche assolute dei rincari mensili e annuali. In testa alla Top Ten delle vacanze, i prezzi dei voli internazionali, che su giugno 2021 decollano del 124,1%, e che hanno anche il primato rispetto a tutte le voci del paniere, collocandosi al 2° posto assoluto degli incrementi mensili (+21,3%). Medaglia d’argento ai voli nazionali, che su base annua volano del +33,3%, e segnano il record degli incrementi mensili (+31,4% su maggio 2022). Al 3° posto il noleggio di mezzi di trasporto e l’affitto di garage e posti auto (+24,3% e +7,4% sul mese precedente), poi alberghi, motel e pensioni (+21,4% e +5,7%), trasporto marittimo (+18,7%), gelati (+13,4%) e pacchetti vacanza internazionali (+6,2%). Ma non ci si salva neanche andando al ristorante (+4,6%) o in un museo (+3,2%).

La Top Ten mensile

Chiudono la Top Ten i servizi ricreativi e sportivi (piscine, palestre, discoteche e stabilimenti balneari), che segnano per ora un più contenuto +2,4% in un anno, ma che in un mese rincarano del 2,8%. Per quanto riguarda gli aumenti mensili, al terzo posto villaggi vacanze e campeggi (+11,3%), al quarto benzina (+9,8% e +25,3% su giugno 2021), seguita dal noleggio di mezzi di trasporto (+7,4%), gasolio per mezzi di trasporto (+6,7% e +32,3%), e-book download (+6,2%), e poi alberghi (+5,7%), pasta sfoglia (+5,1%) e gasolio per riscaldamento (+4,9%). L’energia elettrica è appena fuori dalla Top Ten mensile (+4,6%), ma al 2° posto dei rincari annui, con un +81,4%.

La Top 20 annuale relativa a tutto il paniere

Per la Top 20 annuale relativa a tutto il paniere Istat, vincono i voli internazionali (+124,1% su giugno 2021), al 2° posto l’energia elettrica (+81,4%), e al 3° l’olio diverso da quello di oliva (68,6%).
Poi gas naturale e di città (+67,3%), gasolio per riscaldamento (+52,7%), Gpl e metano (+38,2%), voli nazionali (+33,3%), e gasolio per mezzi di trasporto (+32,3%). Chiude la Top 20 il burro (+27,7%), ma in classifica ci sono anche la benzina (+25,3%), gli alberghi (14° con +21,4%), la farina (+20,5%), la pasta (17° con +18,3%), e ultimo il pollame (+15,1%), la carne più rincarata.

La Top 20 dei prodotti alimentari

Per quanto riguarda la Top 20 dei prodotti alimentari, riferisce Adnkronos, il record dei rincari annui spetta all’olio diverso da quello di oliva (+68,6%), che risente dell’effetto Ucraina e del blocco dell’import dell’olio di girasole. Al secondo posto, il burro (+27,7%), e sul gradino più basso del podio, la farina (+20,5%). Al quarto posto il cibo simbolo dell’Italia, la pasta, che lievita del 18,3%, seguita da margarina (+16,8%), pollame (+15,1%), riso (+13,7%), uova (+13,6%), patatine fritte (13,5%), e gelati (+13,4%). Si segnalano poi latte conservato (+12,1%), vegetali freschi (+11,8%), pane (+11,3%), e frutta fresca (+10,9%).

Nel 2021 boom di fatturato per partite Iva e aziende

Nel 2021 il fatturato di aziende e partite Iva è cresciuto di 624 miliardi di euro (+25%) rispetto al 2020, con oltre 120 miliardi aggiuntivi ‘incassati’ solo nel mese di dicembre. È quanto emerge dall’analisi del centro studi di Unimpresa, che ha elaborato i dati del dipartimento delle Finanze relativi alla fatturazione elettronica, e che evidenzia il boom delle costruzioni (+37%) e delle attività immobiliari (+18%).
L’aumento però è trainato anche dalla corsa delle attività manifatturiere (+35%).  A livello territoriale, l’analisi di Unimpresa scopre che le variazioni più importanti si sono registrate in Emilia-Romagna, in Friuli-Venezia Giulia e in Sicilia. Nel Lazio, unica regione che non ha raggiunto la crescita in doppia cifra, aziende e partite Iva hanno incassato solo il 9% in più.

Nei dati fiscali di imprese e professionisti la fotografia della ripresa economica

Nei dati fiscali di imprese e professionisti, osserva l’associazione, “’c’è dunque la fotografia esatta della robusta ripresa economica del nostro Paese, cresciuta progressivamente negli scorsi mesi, ma seriamente minacciata, adesso, dal protrarsi della guerra tra Russia e Ucraina”.
Se nei mesi di gennaio e febbraio 2021, quando ancora non era esplosa la pandemia da Covid, l’imponibile risultava ancora in calo, rispettivamente con 16,5 miliardi in meno e 2,6 miliardi in meno rispetto al 2020, nei 10 mesi successivi il segno è stato sempre positivo.

Il risultato migliore è in Emilia-Romagna

A livello territoriale, la regione che evidenzia il risultato migliore è l’Emilia-Romagna, con un incremento del 38,9%, seguita dalla provincia di Trento, con il 33,4%, la Valle d’Aosta (30,6%), il Friuli Venezia Giulia (28,2%), la Sicilia (27,1%), la Liguria (27,9%), e poi, Marche (26,9%), Molise (26,8%), Calabria (25,3%), Veneto (24,5%), Puglia (24,4%), Campania (23,1%), Toscana (23,0%), Lombardia (22,7%), Umbria (22,6%), Basilicata (22,5%), Abruzzo (21,3%), Sardegna (20,5%), Piemonte (19,4%), provincia di Bolzano (18,0%). Fanalino di coda, unica regione che non ha raggiunto la doppia cifra per la crescita, è il Lazio (+9,5%).

Il comparto più vivace è senza dubbio quello del ‘mattone’

Le costruzioni hanno registrato l’incremento di fatturato più importante (+37,5%), riporta Adnkronos, grazie ai diversi bonus per l’edilizia e alle attività immobiliari connesse alle costruzioni, che hanno fatto segnare un +17,9%. È andata bene anche per le attività manifatturiere (+35,7%), e per le imprese che si occupano di estrazione di minerali da cave e miniere (+32,9%). Le attività professionali, scientifiche e tecniche hanno segnato una variazione positiva del 25,9%, e l’istruzione del 10%. Sotto quota 20% si attestano il commercio all’ingrosso e al dettaglio (+15,4%), e la fornitura di acqua e reti fognarie (+16,8%), mentre in zona rossa figurano le attività di famiglie e le convivenze (colf, badanti) con un -50,1%, l’area dell’amministrazione pubblica e della difesa (-16,5%), oltre le attività artistiche e sportive (-3,6%).

Felicità: salute e benessere ai primi posti per i cittadini globali 

Il mondo oggi è più felice. Lo attesta l’ultima edizione del Global Happiness di Ipsos: il 67% dei cittadini a livello mondiale dichiara di essere felice, una percentuale in aumento sia rispetto a metà 2020 sia rispetto a metà 2019, ma comunque in numero più basso rispetto a 10 anni fa. Tra le principali fonti di felicità, gli intervistati di indicano quelle relative alla sfera personale e relazionale, come salute fisica e mentale, relazioni e famiglia, e il purpose. I paesi più felici? I Paesi Bassi (86%) e l’Australia (85%), seguiti da Cina e Gran Bretagna (83%), India (82%), Francia e Arabia Saudita (81%), e Canada (80%), mentre i meno felici sono Turchia (42%) e Argentina (48%).
L’Italia si posiziona nel mezzo, con il 66% dei cittadini che si dichiarano felici.

Ma rispetto a 10 anni si è meno felici

Se la quota di chi si dichiara felice è aumentata di 4 punti percentuali rispetto a luglio-agosto 2020 e di 3 rispetto a maggio-giugno 2019, continua a rimanere una percentuale più bassa rispetto a quella registrata a novembre-dicembre 2011 e ad aprile-maggio 2013 (77%).  Rispetto a 10 anni prima, è in calo nella maggior parte dei Paesi esaminati, in particolare in Turchia (-47), e nonostante un notevole aumento negli ultimi due anni, in Argentina (-20). In Italia, il livello di felicità è aumentato di 4 punti rispetto ad agosto 2020 e di 9 rispetto a giugno 2019, ma è in calo di 7 punti rispetto al livello massimo rilevato a dicembre 2011 (73%).

Ai primi posti salute fisica, mentale e relazione con il partner

A livello internazionale, le prime 5 fonti di felicità citate sono salute fisica e benessere (54%), salute mentale e benessere (53%), relazione con il partner/coniuge (49%), sentire che la propria vita abbia senso e significato (49%), figli (48%), condizioni di vita (47%), sicurezza e protezione personale (46%), sentire di avere controllo della propria vita (44%), stare nella natura (43%), avere un lavoro/impiego importante e avere più soldi (42%). In Italia le principali fonti di felicità risiedono in salute fisica/mentale e benessere, relazione con il partner/coniuge, lavoro/impiego importante, e a pari merito, figli, condizioni di vita e stare nella natura. Le meno importanti, situazione finanziaria personale, avere più soldi, beni materiali posseduti, essere riconosciuta come una persona di successo e il tempo speso sui social media.

Più importanza alla sfera personale e spirituale  

Rispetto all’ultimo sondaggio condotto prima della pandemia, le fonti di felicità che hanno acquisito maggiore importanza a livello internazionale riguardano perlopiù la sfera personale e spirituale. Ad esempio, essere perdonato per qualcosa che ho fatto, trovare qualcuno con cui stare, e benessere religioso o spirituale. Negli ultimi 10 anni, poi, anche altre fonti di felicità hanno acquisito sempre più importanza, quali ad esempio: trasferimento in un altro Paese, accesso all’intrattenimento o allo sport, libertà di esprimere le proprie convinzioni, e tempo libero.

TikTok è l’app più scaricata del primo trimestre 2022

TikTok è una delle piattaforme di social media in più rapida crescita al mondo. Lo rivela Sensor Tower, che ha recentemente pubblicato il suo rapporto “Q1 2022: Store Intelligence Data Digest” in cui TikTok risulta l’app più scaricata al mondo nel primo trimestre del 2022. L’applicazione aveva precedentemente superato i 3,5 miliardi di download da quando è stata lanciata nel primo trimestre del 2021, diventando solo la quinta app (e l’unica non di proprietà di Meta) a raggiungere questo incredibile traguardo. Le prime cinque posizioni insieme a TikTok, infatti, sono occupate da Instagram, Facebook, WhatsApp e Telegram.

Inizio 2022 col “botto”

Dall’inizio del 2022, TikTok è stato scaricato più di 175 milioni di volte, riferisce il sito Techcrunch .TikTok ha superato i 10 milioni di download negli ultimi nove trimestri, mentre YouTube ha superato la stessa soglia per otto trimestri consecutivi. Nessuna app ha avuto più download di TikTok dall’inizio del 2018, quando WhatsApp ha registrato 250 milioni di download a livello globale, segala ancora il rapporto. Come spiegano gli esperti, c’è molto da dire sul successo di TikTok e su quello che l’aspetta in futuro. In particolare, vanta un algoritmo unico nel suo genere e una serie di community diversificate in base agli argomenti, compresi quelli di nicchia.

I download su iPad e iPhone

Esaminando i download globali su iPhone e iPad, l’ordine delle prime cinque app è rimasto invariato negli ultimi tre trimestri. TikTok ha superato i 70 milioni di download dall’App Store solo per la terza volta nel primo trimestre del 2022, trainato dalla crescita dell’11% trimestre su trimestre in Asia, nonostante sia stata bandita in India. Considerando i download complessivi degli Stati Uniti, TikTok è stata l’app migliore ogni trimestre dall’inizio del 2021. L’ultima app a battere TikTok è stata Zoom nel quarto trimestre del 2020. Inoltre, dal primo trimestre del 2021, TikTok e YouTube sono risultate le due app più scaricate sull’App Store statunitense ogni trimestre. TikTok è stata anche l’app numero uno su Google Play per il terzo trimestre consecutivo, con installazioni in aumento del 19% anno su anno.

Anche in Europa

Le stesse cinque app hanno conquistato i primi posti in Europa per ciascuno degli ultimi quattro trimestri. TikTok e WhatsApp erano nelle prime due posizioni, mentre Instagram è sceso di un gradino in classifica al quarto posto. Anche se WhatsApp è stata la migliore app dell’App Store in Europa per ciascuno degli ultimi sette trimestri, TikTok ha mantenuto il primato su Google Play nello stesso periodo.

Alle superiori piovono le insufficienze: 4 studenti su 10 puntano sulle ripetizioni

Una ricerca condotta da Skuola.net – Ripetizioni.it su un campione di 2.600 studenti di licei, istituti tecnici e professionali lo conferma: alla fine del primo quadrimestre sono quasi 2 studenti delle superiori su 5 a non aver raggiunto il 6 in almeno una materia. E 1 su 7 ha collezionato almeno tre insufficienze. Insomma, sugli studenti delle superiori piovono brutti voti.  A ulteriore conferma del cambio di passo registrato negli ultimi mesi, le ragazze e i ragazzi risultati insufficienti al primo giro di boa dell’anno scolastico evidenziano un’altra circostanza. Per il 45% i problemi si sono manifestati da settembre a oggi, e per il 27% si tratta di difficoltà che affondano le radici già prima della pandemia. Il 29% poi afferma che le lacune presenti sono l’eredità del biennio passato alle prese con la didattica a distanza.

Meglio affidarsi ai corsi di recupero, un docente privato o un parente?

Se la maggior parte delle scuole ha comunque offerto corsi di recupero per chi ne aveva bisogno, la metà degli studenti ha preferito declinare l’invito per rivolgersi al supporto personalizzato sotto forma di ripetizioni. E solo 1 studente su 4 ne ‘denuncia’ l’assenza.  Tra chi ha avuto la brutta sorpresa in pagella, il 39% si è infatti affidato a un docente privato. C’è chi lo ha fatto anche prima della ‘sentenza’ (26%) e chi ha iniziato subito dopo o lo farà a breve (6%), e chi si è fatto affiancare ma ha smesso dopo aver raddrizzato la situazione (7%). A questi vanno aggiunti quelli (27%) che hanno preferito farsi aiutare gratuitamente da parenti o conoscenti.

Quanto costano le lezioni private?

Anche tra chi ha superato indenne il primo quadrimestre sono però in tanti quelli che hanno voluto arrivare con maggiori sicurezze alla seconda parte dell’anno, 1 su 6. Il motivo? Principalmente per consolidare i propri voti, puntando ancora più in alto. Stando a quanto raccontano i ragazzi, quest’anno la stima di spesa per le ripetizioni si aggira mediamente sui 400 euro a famiglia.
I budget investiti sono però molto diversificati: per il 16% la spesa annua stimata è inferiore a 100 euro, per il 50% è una somma compresa tra 100 e 400 euro, e il 34% si proietta a cifre che superano i 2000 euro.

Matematica, la spina nel fianco per due terzi dei ragazzi

Ciò che invece non si è modificato rispetto allo scorso biennio è l’elenco delle materie su cui gli studenti vanno più in difficoltà. Al primo posto regna incontrastata la matematica, spina nel fianco per i due terzi (65%) dei ragazzi che recentemente si sono rivolti alle ripetizioni. Seguono le altre materie scientifiche, messe nella lista dal 34% degli intervistati, e al terzo posto le lingue antiche (latino e greco), per le quali ha chiesto supporto il 28% degli alunni. Ai piedi del podio le lingue straniere, rinfrescate dal 22% sul totale di chi usufruisce delle ripetizioni.

Quali sono gli 11 claim più performanti nel carrello della spesa?

Dall’Italianità al Lifestyle al Rich-in fino alla Cura della persona: questi sono alcuni dei claim più performanti in termini di vendite, ovvero, alcune caratteristiche dei prodotti di largo consumo più apprezzate dai consumatori e più valorizzate sulle confezioni dai produttori. Lo ha scoperto la decima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, che per ognuno degli 11 fenomeni di consumo monitorati ha individuato i claim e le indicazioni che hanno registrato il maggior aumento del sell-out nel corso dei 12 mesi rilevati. E il primo è appunto l’Italianità: a crescere maggiormente secondo l’Osservatorio di GS1 Italy sono infatti le vendite dei prodotti certificati Doc o Docg (+9,1% e +17,1%). Tra i prodotti che indicano in etichetta la loro regione d’origine i trend più interessanti riguardano la regione Lazio (+17,0%), la Puglia (+16,6%) e il Veneto (+15,5%).

Free from, Rich-in, e Intolleranze

Il secondo claim segnalato dall’Osservatorio Immagino, Free from, evidenzia la forte attenzione per i prodotti “senza zuccheri aggiunti” (+7,6%) o con “pochi zuccheri”. Tra i claim emergenti spiccano “senza antibiotici” (+18,4%), “non fritto” (+16,5%) e “poche calorie” (+11,5%).
Quanto al Rich-in continua l’interesse per i prodotti che segnalano in etichetta l’apporto di “proteine” (+8,5%). Meno diffusi, ma con performance positive anche i claim “zinco” (+9,9%), “magnesio” e “potassio”. E per il claim Intolleranze cresce l’interesse per i prodotti “senza uova” (+6,1%), “senza latte” (+4,4%) o “senza lievito” (+4,2%).

Lifestyle, Loghi/Certificazioni, Ingredienti benefici e Metodo di lavorazione

Per il Lifestyle l’Osservatorio sottolinea vendite sopra la media per i prodotti etichettati come “vegano” (+5,7%) o “vegetariano” (+5,3%), e per Loghi/Certificazioni è il marchio di conformità europea CE ad aver messo a segno la miglior performance (+12,8% su base annua).
Per gli Ingredienti benefici aumentano in particolare le vendite di semi (+8,2%) e superfruit (+6,8%), e letteralmente volano quelle di spirulina (+63,2%), avocado (+34,6%) e canapa (+22,0%). 
Per il Metodo di lavorazione piacciono molto i prodotti presentati come “non filtrati” (+17,8%), “affumicati” (+17,4%) e “artigianali” (+11,8%).

Texture, Cura casa green e Cura persona
Per la Texture dei prodotti è l’attributo “croccante” il più performante (+5,8%), mentre per il claim Cura casa green sono molto positive le vendite dei prodotti con confezioni in “plastica riciclata” (+17,1%) o con il claim “biodegradabile” (+15,2%). E per finire, il claim Cura persona evidenzia ottime le performance dei prodotti segnalati con “prebiotici/probiotici” (+37,9%), “senza coloranti” (+31,9%) o con “acido ialuronico” (+17,8%).

Sanità digitale, la spesa cresce ma la digitalizzazione è ancora frammentata

In Italia la spesa per la sanità digitale cresce del 5%, ma mancano le competenze digitali e le infrastrutture per la gestione dei dati. Se la pandemia ha spinto la diffusione di strumenti digitali nel settore della sanità, con cittadini, medici e strutture sanitarie che ora li utilizzano di più, soprattutto per la telemedicina, il processo di digitalizzazione del sistema sanitario italiano è ancora frammentato. Per questo è necessario attuare partnership tra pubblico e privato, soprattutto per cercare di creare progetti che vadano a rendere operativi quelli che sono gli stanziamenti del PNRR, pari a circa 10 miliardi per la medicina territoriale e altri10 per gli ospedali. Di questo si è parlato nella seconda giornata della Winter School 2022 di Pollenzo, durante l’incontro dal titolo ‘Oltre la logica dei silos per un’offerta integrata di salute’, organizzata da Motore Sanità, con il contributo di Siemens.

Ripensare processi e cambiare i modelli

Digitalizzare non significa trasferire un dato da una cartella cartacea a una computerizzata, ma ripensare processi e cambiare i modelli della sanità stessa puntando soprattutto sulla prossimità al paziente – spiega Alessandra Poggiani, Director of Administration della Fondazione Human Technopole -. Digitalizzare la sanità significa infatti soprattutto supportare il paziente per prevenirne le patologie, “anche attraverso un monitoraggio che oggi la tecnologia rende semplice e immediato”, aggiunge Poggiani.
Un altro potenziale della digitalizzazione sanitaria è la possibilità di avere un accesso semplice, immediato e standardizzato ai dati,” utile a fornire ai decisori politici un quadro informativo migliore per definire politiche di sanità pubblica potenzialmente più efficaci”, aggiunge Poggiani.

Puntare su lavoro a distanza e robot

Quanto alle soluzioni di remotizzazione, possono colmare lunghe distanze, e nell’attuale contesto sanitario il lavoro a distanza è di particolare rilevanza. Può infatti “aiutare a mantenere una distanza di sicurezza da potenziali pazienti infetti e ottimizzare le procedure”, afferma Patrizia Palazzi, Strategic Sales Expert Siemens Healthineers.  Le soluzioni di robotica in interventistica sono in grado di ridurre la dose di radiazioni all’operatore fino al 95% e ridurre fino al 53% il tempo di esecuzione dei trattamenti.
“Il lavoro a distanza nel settore sanitario – sottolinea Palazzi – è emerso come uno dei più efficaci modi per mitigare i tassi di infezione da coronavirus, accedere alle competenze mediche necessarie, massimizzare le risorse, semplificare il trattamento dei pazienti e consentire ai dipendenti di continuare a lavorare anche in quarantena e da casa”.

AI e big data supportano la governance del SSN

“Nell’attuale variegato panorama di flussi informativi e di enti risulta fondamentale avvalersi di sistemi tecnologici avanzati capaci di armonizzare e integrare dati di diversa tipologia e provenienza, superando la classica gestione ‘a silos’ – commenta di David Vannozzi, Direttore Generale CINECA -. In questo contesto, reso ancora più urgente dalla pandemia, ha preso il via un accordo tra CINECA e Ministero della Salute. Il progetto prevede lo sviluppo di soluzioni basate su tecniche di AI e analisi di big data che consentano l’integrazione dei dati, a supporto della governance nel Sistema sanitario nazionale”.

Lavoro autonomo, difficile la ripresa post Covid

E’ il lavoro autonomo la tipologia di impiego che fa più fatica a riprendere terreno dopo i mesi duri della pandemia. A dirlo è un’analisi della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, che ha condotto un’elaborazione su dati Istat relativi al terzo trimestre del 2021. Dal report si evince che a farmi le spese sono stati soprattutto le donne e i giovani, mentre la categoria più colpita è quella del commercio. Resta il fatto che, nonostante un lieve incremento dell’1,3% tra novembre e ottobre 2021, il lavoro autonomo fatica a riprendere le posizioni pre Covid.

Recupera l’occupazione dipendente, non quella autonoma

Il dossier mette in evidenza come, a fronte di un sostanziale recupero dell’occupazione di tipo dipendente, tornata ai livelli del 2019, il lavoro autonomo non riesca a invertire la tendenza. Negli ultimi tre mesi del 2021 si è registrato un calo di 350 mila occupati rispetto allo stesso periodo del 2019, scendendo a quota 4 milioni e 940 mila. La perdita maggiore tra le donne: -131 mila occupate, ma anche tra gli uomini i valori registrati sono elevati, considerato un decremento complessivo di 219 mila indipendenti. La pandemia ha senza dubbio accentuato le criticità di un modello di lavoro, quello autonomo, che ha perso appeal tra i lavoratori, soprattutto i più giovani. A pagarne le spese sono soprattutto gli autonomi nella fascia di età 40-49 anni, che hanno visto un calo di 223 mila unità. Più contenuto il calo nella fascia di età 50-59 anni con 60 mila lavoratori in meno.

I settori più colpiti e quelli più in salute

Per quanto riguarda i vari settori, riferisce Askanews, quello in cui si sono fatte sentire le maggiori difficoltà è quello del commercio: rispetto al 2019, infatti, si sono persi più di 190 mila autonomi; a seguire l’industria (43 mila unità in meno) e l’area dei servizi tecnici e professionali (34 mila autonomi in meno). Il settore dell’edilizia, invece, registra un buono stato di salute, con un incremento del lavoro autonomo negli ultimi due anni del 2,8%. Anche sotto il profilo professionale si registrano tendenze diverse. Le professioni tecniche sono quelle più impoverite con quasi 100 mila occupati in meno nell’ultimo biennio. I dati non sono più confortanti per le professioni intellettuali e ad elevata specializzazione: rispetto al 2019, infatti, si sono persi 73 mila lavoratori. A penalizzare ancor di più questo mondo è la diversità di tutela rispetto al lavoro a tempo indeterminato. Secondo l’indagine condotta ad aprile 2021 da Fondazione Studi e SWG, due autonomi su tre hanno dichiarato che la pandemia ha avuto un impatto negativo (51,8%) o molto negativo (14,9%) sul loro lavoro e il 53,5% ha affermato di aver registrato una riduzione del reddito.

Nel 2021 le auto elettriche raggiungono il 9,35% del mercato totale

Nel corso dell’anno le auto elettriche raggiungono una penetrazione del 9,35% sul mercato automobilistico totale, contro il 4,33% dell’anno precedente. In particolare, nel 2021 le auto Pev, ovvero le Plug-in Electric Vehicle, somma di Bev (elettriche a batteria) e Phev, hanno registrato una crescita del 128,34%, con 136.754 mezzi immatricolati. Di fatto, sono state immatricolate 67.255 auto Bev, cresciute del +107% rispetto al 2020, e 69.499 Phev (+153,75%).Sono alcuni dati rilasciati da Motus-E, l’associazione che raggruppa tutti gli stakeholders della mobilità elettrica, che fa il punto sulle immatricolazioni delle auto elettriche in Italia nel 2021.

Nonostante il calo di dicembre raggiunta la quota record del 13,55%

Nel solo mese di dicembre, invece, le auto Pev immatricolate “registrano un calo del 13,21% rispetto a dicembre 2020, con 11.833 unità vendute – spiega Motus-E -. Le auto Bev calano invece del 15,24%, a 6.158 unità immatricolate, mentre le Phev diminuiscono del 10,90%, con 5.675 unità immatricolate.
Nonostante questi cali, “complice un total market che a dicembre fa registrare minimi storici con solo 87.338 auto vendute, le auto elettriche raggiungono una quota record di mercato del 13,55%”, sottolinea Motus-E.

Le preoccupazioni del mercato

Sono diversi i fattori che hanno contribuito al calo delle immatricolazioni nel mese di dicembre, “dai ritardi di consegna dovuti alla crisi delle materie prime, dei semiconduttori e dei microchip, alla possibilità di immatricolare entro giugno 2022 le auto acquistate tramite prenotazione dell’Ecobonus e all’effetto, visibile, della fine degli incentivi per auto elettriche, avvenuta nel mese di ottobre 2021- continua l’associazione -. Proprio la fine degli incentivi e una mancata programmazione degli stessi per il triennio a venire preoccupano il mercato e l’intera filiera”.

Ipotesi al ribasso per le Bev nel 2022

“In assenza di ulteriori supporti, è plausibile ipotizzare che i valori delle Bev immatricolate nei primi mesi del 2022 saranno inferiori a quelli dei primi mesi del 2021 – sostiene Motus-E, come scrive Adnkronos -. La mancanza di bonus all’acquisto farà dirottare i pochi mezzi elettrici prodotti in Italia verso mercati più appetibili. È davvero incomprensibile che il governo abbia deciso di ignorare completamente il settore, in un rimbalzo di responsabilità tra governo e Parlamento che sfiora il grottesco, e che vedrà riflettersi nella drammatica riduzione di immatricolazioni di vetture elettriche e ibride plug-in nel 2022”, afferma ancora l’associazione di settore. Augurandosi “un intervento di Mise e Mef all’inizio di quest’anno”.