Dipendenti pubblici e smart working, chi vuole tornare in ufficio?

Divenuto obbligatorio a partire da febbraio lo smart working è stato una novità assoluta per oltre un terzo delle amministrazioni pubbliche italiane. E da quanto emerge da un’indagine di Fpa, società del gruppo Digital360, il bilancio del lavoro agile è positivo per il 93,6% dei dipendenti pubblici intervistati, che vorrebbero proseguire con lo smart working anche dopo l’emergenza coronavirus.

“Se una volta tornati alla normalità almeno il 40% dei dipendenti pubblici dovrà adottare una modalità di lavoro agile, questi si dicono pronti – sottolinea la ministra della PA, Fabiana Dadone -. Ma per la maggior parte, il 66%, il lavoro da casa deve essere integrato con rientri in ufficio organizzati e funzionali”.

Per l’87,7% si tratta di un’esperienza completamente nuova

Oggi il 92,3% dei dipendenti della Pa sta lavorando in modalità smart, e per l’87,7% di loro si tratta di un’esperienza completamente nuova, per cui hanno dovuto utilizzare pc, cellulari e connessioni internet personali, spesso condividendo lo spazio in cui lavorano con altri famigliari, e senza ricevere una formazione specifica sul lavoro da remoto. Eppure, il bilancio dello smart working forzato è assolutamente positivo. L’88% dei dipendenti giudica l’esperienza di successo e il 61,1% ritiene che questa modalità, basata sulla flessibilità e la cooperazione all’interno degli enti, e nei rapporti con i cittadini e le imprese, prevarrà anche una volta finita la fase di emergenza, riporta Agi.

Organizzare e programmare meglio il proprio lavoro

“L’emergenza Covid19 ha portato un’adozione massiva e rapida dello smart working nella Pa, che può essere il punto di partenza per ridisegnare il futuro del lavoro pubblico”, commenta Gianni Dominici, direttore generale di Fpa.

Lo smart working ha infatti permesso al 69,5% del personale della Pa di “organizzare e programmare meglio il proprio lavoro”, al 45,7% di “avere più tempo per sé e per la propria famiglia”, al 34,9% di “lavorare in un clima di maggior fiducia e responsabilizzazione”.

In 7 casi su 10 è stata assicurata totale continuità al lavoro, e per il 41,3% dei lavoratori l’efficacia è migliorata, mentre per un altro 40,9% è rimasta analoga. Inoltre, per più del 50% la relazione con i colleghi è invariata, e per il 20% addirittura migliorata.

“Infranti stereotipi e pregiudizi”

“Perchè lo smart working diventi effettivamente una nuova modalità di organizzazione del lavoro nella Pa – aggiunge Dominici – ora è necessario ripensare i processi di lavoro, definire puntualmente obiettivi e risultati individuali e fare formazione specifica sull’uso delle tecnologie e degli strumenti di comunicazione, come consigliano gli stessi dipendenti pubblici”.

Insomma, pur se avvenuta in modo spesso improvvisato, l’applicazione dello smart working nella Pa ha dimostrato un’efficacia inaspettata, “infrangendo stereotipi e pregiudizi e dimostrando che un diverso modo di lavorare nella Pa non solo è possibile – afferma Mariano Corso, presidente P4I, società di Advisory del gruppo Digital360 e responsabile dell’Osservatorio – ma può portare grandi benefici per le amministrazioni, i lavoratori e la società nel suo insieme”.